Un nuovo progetto per monitorare oggetti spaziali di origine extrasolare
Parte la caccia agli alieni, pioggia di milioni per il progetto. Il progetto si chiama "Galileo Project" ed è diretto dall'astrofisico Avi Loeb dell'università di Harvard. l'astrofisico Avi Loeb è diventato noto anche al grande pubblico per gli studi sul misterioso corpo celeste che attraversò il nostro Sistema Solare nell'ottobre del 2017 denominato "Oumuamua", un oggetto che per le sue caratteristiche si rivelò di origine aliena, e cioè non appartenente al nostro sistema solare ma giunto dagli abissi siderali dello spazio. L'operazione è nata dal finanziamento da contributi liberi che hanno raccolto finora quasi 2 milioni di dollari, anche se l'annuncio del programma è stato accolto con un certo scetticismo da una parte della comunità scientifica. Secondo Avi Loeb, Ci sono diversi indizi dell'esistenza di altre civiltà nell'Universo che non possono essere ignorati. Questo in sintesi il concetto che anima il nuovo ambizioso progetto promosso da Loeb. Gli indizi a cui si fa riferimento sono in particolare il misterioso corpo celeste Oumuamua, un asteroide o cometa dall'insolita forma di sigaro, e con certezza il primo oggetto mai osservato proveniente dall'esterno del Sistema Solare, ma da Loeb ritenuto una possibile sonda aliena, e il recente rapporto sui fenomeni aerei non identificati (UAP) pubblicato dal governo Usa. I ricercatori del Galileo Project premettono che anche se tutto questo non è una prova, almeno vogliono eliminare i dubbi attraverso un'analisi trasparente e scientifica", ha detto Frank Laukien, co-responsabile del progetto e amministratore delegato dell'azienda Bruker, che produce strumentazioni scientifiche. Il progetto consiste nel realizzare una rete di piccoli telescopi in tutto il pianeta per identificare eventuali sonde extraterrestri: un sistema di allerta rapida per intercettare eventuali visitatori come Oumuamua, accanto a un sistema di Intelligenza Artificiale per monitorare i movimenti anomali di oggetti trafficanti nel Sistema Solare. I ricercatori partecipanti del progetto, sono una squadra di alto livello scientifico, tra cui docenti delle università di Cambridge, California, Chicago, Princeton e del Caltech. Non ci sono delle vere prove dell'esistenza di civiltà aliene in visita al nostro pianeta ma considerando i tanti pianeti extrasolari ormai già individuati e i recenti avvistamenti come quello di Oumuamua, di chiara provenienza extrasolare, e gli inspiegabili velivoli osservati dai militari statunitensi, i ricercatori dicono di essere convinti della necessità di realizzare una struttura capace di capire meglio questi fenomeni. Il programma visto dai vari membri della comunità scientifica è molto contrastante, in buona parte attendista, altri come Adam Frank dell'università di Rochester che spiega su Science che con la nuova rete saremmo pronti a un eventuale nuovo Oumuamua, altri ancora molto critici, come Alan Fitzsimmons della Queen's University di Belfast, che senza peli sulla lingua bolla il progetto come stupidaggine. Ritornando allo strano oggetto, il 6 settembre 2017, i responsabili del telescopio Panoramic Survey Telescope and Rapid Response System, alle Hawaii lo avvistarono che stava entrando nel nostro sistema solare proveniente dalla stella Vega, stella distante 25 anni luce. Viaggiava alla velocità di circa 32 km al secondo. Nell’avvicinarsi al Sole la sua velocità aumentava, grazie all’accelerazione causata dall’attrazione esercitata dalla forza di gravità del Sole. Il 9 settembre 2017 la sua traiettoria lo porta nel punto più vicino al Sole. Nei giorni successivi, i tanti che lo stanno osservando si aspettano di misurare una diminuzione della sua velocità, visto che si sta allontanando dal Sole e la sua forza di gravità, agendo ora in verso opposto, deve causarne la decelerazione. Banale meccanica celeste in accordo con la legge di gravitazione universale. Invece no. Quando il 7 ottobre passa accanto alla Terra, continua ad accelerare. Di poco, circa 0,000005 m/s², ma Oumuamua accelera. Non rallenta. Strano, molto strano, ma non è l’unica stranezza. Oumuamua sta arrivando. Come comportarsi in caso d’invasione aliena In primo luogo è il primo oggetto interstellare a essere osservato nel suo transito nel nostro sistema solare. Poi la sua forma. Le osservazioni rilevano un oggetto dalla forma apparente di un sigaro, lungo 500 metri e del diametro di circa 40. Non si è riusciti a scattare una fotografia ad alta definizione, però di certo è 10 volte più lungo che tondo. Mai visto prima nulla di simile. Infine è esageratamente brillante, almeno 10 volte più riflettente di qualunque asteroide o cometa conosciuta, come se la sua superficie fosse una lastra di metallo lucido. Misure e dati non confutabili.
Una rete di telescopi su tutto il pianeta per monitorare oggessti spaziali
Vero, le comete dopo essere passate vicino al Sole accelerano, ma si sa il perché e lo si vede. Quando si avvicinano al Sole la loro superficie si riscalda rilasciando gas, prima congelati, che spingono la cometa come fossero i gas di scarico di un motore a razzo. I gas così eiettati sono visibili sotto forma di coda della cometa. Oumuamua non è una cometa, almeno non di quelle “convenzionali”: la coda non ce l’ha anche se è stata utilizzata tutta la strumentazione disponibile per trovarla. Niente, non si misura nulla: né gas, né polveri di sorta. Certo, esiste la possibilità che sia una cometa di tipo sconosciuto, ma la probabilità di un evento del genere è stata calcolata in una su un quadrilione, una su un miliardo di miliardi. Piccola assai. Forse troppo. Cos’è allora Oumuamua? Per saperlo occorre leggere, il 26 gennaio prossimo, la lunga, articolata e molto seria spiegazione oggetto del libro Extraterrestrial: The First Sign of Intelligent Life Beyond Earth (Houghton Mifflin Harcourt), autore Abraham “Avi” Loeb, direttore del dipartimento di astronomia dell’università di Harvard. La sua tesi è che si ha a che fare con un oggetto non naturale, un artefatto. Oumuamua è un rottame, un relitto. Un pezzo di vela solare di tecnologia aliena. Quello che da lontano sembra un sigaro è un disco di un materiale altamente riflettente dello spessore inferiore al millimetro. La pressione del vento solare sulla sua superficie spiega l’accelerazione. Spiega la dinamica osservata, non più strana. Sappiamo cosa sono le vele solari, le usiamo anche noi. Oumuamua, l’ipotesi di due studiosi di Harvard: “Oggetto artificiale” Leggi Anche Oumuamua, l’ipotesi di due studiosi di Harvard: “Oggetto artificiale” Loeb aveva suggerito, insieme al collega Shmuel Baily, già tre anni fa la possibile origine aliena di Oumuamua e dopo approfonditi studi, verifiche e approfondimenti, ci ha scritto un libro sopra. Anche per rispondere alle tradizionali conclusioni del “Oumuamua Team of the International Space Science Institute” pubblicate nel luglio 2019 su Nature Astronomy: “Non abbiamo trovato prove evidenti in favore dell’origine aliena di Oumuamua”. Loeb è di parere opposto: Oumuamua è la prima prova provata dell’esistenza di civiltà aliene, tecnologicamente avanzate. Se ha ragione, forse è giunto il tempo di iniziare a ragionare su come redigere possibili trattati spaziali, alle leggi della astro-economia e alle problematiche cosmo-politiche. Loeb è convinto della bontà della sua interpretazione al punto di rischiare la sua carriera accademica e scientifica pubblicando un libro, il cui scopo “è motivare la gente a raccogliere più dati quando si presenterà il prossimo oggetto strano”. Se Loeb ha ragione abbiamo stabilito il primo contatto con una civiltà aliena. A dire il vero lo abbiamo stabilito con la sua spazzatura, ma si deve pur cominciare, no? D’altronde, ricorda Loeb, per capire civiltà passate, archeologi e paleo-archeologi frugano nell’antica spazzatura… Di certo, ha scatenato un putiferio.